L’accucciamento

C’era una volta, in un villaggio dell’Alta Alsazia, un’antica casa abbandonata, che secondo alcuni superstiziosi era infestata dai fantasmi. Niente di più falso: la casa era infestata da una sola fantasma.

I fantasmi – lo ricordiamo – sono persone morte, che però si differenziano dagli zombie per tre principali motivi: non mangiano cervelli (né nient’altro), non sono rincoglioniti (a meno che non lo fossero già in vita, visto che conservano gli stessi pensieri), e possono passare attraverso le pareti (mentre gli zombie necessitano di porte). Sul passaggio attraverso le pareti però urge un’importante precisazione: valgono le pareti e i muri interni, ma non quelli perimetrali.
La seconda regola del Codice degli Spiriti dice, infatti, che i fantasmi sono condannati ad essere imprigionati nel luogo che è loro destinato.

Bisogna dire che a Henriette, questo era il nome della fantasma, quella vita da reclusa non dispiaceva. Sempre che si possa definire vita quella che conduce una persona morta.

C’era soltanto un periodo dell’anno che le metteva un’incredibile tristezza: il Natale. Questo accadeva perché – come forse sapete – l’Alta Alsazia è davvero un sacco natalizia, e durante le feste si riempie di turisti. Henriette guardava alla finestra i mercatini, la gente felice, la neve, le luci, gli abbracci e i regali, nessuno dei quali era per lei. Anzi, quando passando davanti alla sua vecchia casa le persone cambiavano marciapiede facendosi il segno della croce o toccandosi i coglioni, lei ne soffriva molto più del solito.

Case dell'Alta Alsazia

L’Alta Alsazia sotto natale

Ma c’era un’altra buona ragione per essere triste a Natale, e aveva a che fare con la sua condizione di fantasma. Henriette era infatti morta in quella casa la vigilia di Natale del 1918, a soli 21 anni.
Alcuni superstiziosi descriverebbero la breve vita di Henriette come un susseguirsi di circostanze sfortunate. Suo padre era stato un grande scienziato, molto attivo nel campo delle sperimentazioni sull’elettricità che fervevano a fine Ottocento. In particolare il padre di Henriette è tuttora ricordato per aver dimostrato per primo la conducibilità elettrica dell’acqua, immergendosi fino alla cintola in una vasca da bagno e poi sparandovi dentro una scarica di corrente.
Anche la madre si guadagnò una certa notorietà in campo scientifico, per aver scoperto, tendendo la mano al marito nel tentativo di salvarlo, la capacità dell’energia elettrica di passare da un corpo all’altro.

Fin da piccolissima Henriette crebbe dunque in orfanotrofio, dove imparò, come tutti i bambini, ad attendere con grande impazienza il Natale. In quel giorno speciale, infatti, le suore premiavano i bambini più buoni con un regalo molto ambito: mezza fetta di prosciutto e due fiammiferi. Che gioia!
Pur andando pazza per il prosciutto, Henriette stava bene all’orfanotrofio soprattutto grazie ad Andreas. Andreas era un orfano appena più grande di lei, con cui aveva stretto un’amicizia che, con gli anni, si andava tramutando in amore.

“Appena compirò diciott’anni, scapperemo insieme”

diceva sempre Andreas, e così la vita di Henriette, tra Natale e fuga, era tutta un aspettare.
Finalmente venne il compleanno di Andreas, e proprio quel giorno, senza frapporre indugi, il ragazzo fu spedito in guerra.

Aspetta che torni e aspetta che scriva, anche Henriette divenne maggiorenne, e come da protocollo le suore, infilatole in tasca un bel fiammifero, la misero alla porta.
Henriette si stabilì dunque nella vecchia casa infestata, all’epoca non era ancora infestata ma già vecchia, che le aveva lasciato in eredità una zia anche lei vecchia e anche lei morta, manco a dirlo, in circostanze sfortunate.

Un giorno Henriette ricevette, tramite l’orfanotrofio, un telegramma destinato a lei:

Guerra finita STOP. Torno metà novembre STOP. Ho bel regalo per te STOP. Andreas. STOP

Che gioia: la gioia di mille Natali! Quanto mancava a metà novembre? Henriette si mise a contare, sbarrando ogni giorno le date sul calendario, leggendo e rileggendo quelle poche parole. Se Andreas, un povero orfano come lei, aveva speso dei soldi in più per aggiungere quel “bel” al telegramma, chissà che meraviglia di regalo aveva pronto per lei.
L’autunno, si sa, è la stagione più lenta di tutte, e così venne lemme lemme il 13 novembre, poi pian pianino il 14, e quando finalmente fu il 15, senza frapporre indugi, in tutta la regione venne proclamato il lockdown (o come preferivano dire quelle facce da culo dei francesi, che avevano appena conquistato l’Alsazia, “accouchement”).
Era infatti esplosa la celebre e letale epidemia di Spagnola, acuita dal rientro dei soldati dal fronte della Grande Guerra, e si crepava come le mosche. Henriette si trovò chiusa in casa, e da quell’accouchement non ne uscì poi più.
Un po’ per il dolore di non poter andare a cercare Andreas o almeno di poter chiedere in giro se fosse tornato sano e salvo, un po’ perché aveva finito la roba da mangiare e nel 1918 vallo a trovare un Glovo, un po’ perché usare la calce viva al posto dell’amuchina con il senno di poi non è una grande idea, cadde ammalata e morì, sola, dopo una noiosissima agonia. Era la vigilia di Natale, le campane suonavano, ma quell’anno in giro per l’Alta Alsazia non si vedeva anima viva.
Rimase a infestare la vecchia casa in virtù della regola 3 del Codice degli Spiriti, secondo la quale l’anima del defunto resta prigioniera fintantoché ha qualcosa in sospeso. Nel suo caso in sospeso c’era Andreas, e il suo (bel) regalo.

Henriette, dopo un comprensibile disorientamento iniziale, cominciò ad apprezzare gli indubbi vantaggi dell’essere morta, ad esempio non aver bisogno di lavorare, non poter essere inclusa nei gruppi Whatsapp e non dover per forza scegliere tra Salvini e il PD. Ma a dirla tutta, in più di un secolo prigioniera di quelle mura, si era sentita parecchio sola.
C’erano stati, tempo fa, dei momenti in cui le cose erano andate diversamente.
La prima volta nel 1940, quando il suo panciuto cugino ed erede riuscì a vendere la vecchia casa a una simpatica coppia di ebrei, che però durò pochissimo. Avevano appena iniziato a dare il bianco quando i nazisti invasero l’Alsazia, e vennero a prendere i due signori per portarli a fare – così dissero – una gita: non tornarono più.

La reputazione un po’ infelice della casa non spaventò la famiglia Poitiers, padre madre e due bambini, che una quindicina di anni dopo venne a stare lì. Henriette, che in men che non si dica si era affezionata a tutti loro, si adoperava per dare fastidio il meno possibile: qualche porta che si apre cigolando, un po’ di rumori dalle tubature, un grido straziante ogni tanto, improvviso gelo nelle stanze in cui passava e poco altro: solite cosette da fantasmi, insomma.
Quando i Poitiers iniziarono a preparare il Natale, però, Henriette cominciò ad avvertire la solita malinconia, ma più forte che mai. Voleva partecipare, essere parte della famiglia anche lei. E così, dopo averci a lungo riflettuto, la notte della vigilia comparve ai due bambini, fluttuando accanto all’albero con un bel ghigho amichevole e perfino il berretto da babbo Natale. Il più piccolo iniziò ad urlare e smise solo a Santo Stefano, la più grande non aprì più bocca per il trauma fino al giorno in cui la famiglia traslocò, in fretta e furia, l’ultimo dell’anno.

Amara tornò la solitudine, eppure Henriette ebbe a rimpiangerla anni dopo, allorché nel 1976 venne a stabilirsi nella casa Ortensia. Ortensia era una vecchina segaligna, arcigna, maligna e sanguigna, che passava le sue giornate borbottando con rabbia tra sé e sé contro il governo, i piccioni, i giovani, la televisione, il clima, la casa, la vecchiaia, dio, il traffico, le belle donne, il glutine, l’Alsazia, le banche, i vaccini, il Natale, i gatti, i buddisti, i vigili, le multinazionali, l’umidità e il socialismo.

Ortensia in uno dei suoi rari momenti buoni

Forse perché voleva aiutarla o forse perché si era francamente rotta le palle, una notte in cui Ortensia borbottava anche in sonno Henriette la svegliò e le domandò:

Cos’hai che non va?

Per lo spavento, la vecchina morì all’istante. Siccome era una persona molto sola nessuno la cercò, e la sua carcassa rimase a decomporsi nel letto per diversi mesi. Quel che è peggio, è che il fantasma di Ortensia cominciò a infestare a sua volta la casa infestata da Henriette, avendo ancora più di un conto in sospeso con la commessa dell’alimentari, le poste, le correnti d’aria, gli uomini in generale, il disordine, i preti, l’assessorato ai lavori pubblici, gli acari, gli immigrati, l’acquedotto, la Cina, le uova, l’estate, i marmocchi, gli elenchi, e le innumerevoli altre cose che la facevano incazzare.
Potete immaginare come fosse difficile la convivenza tra due donne abituate a star sole, e per giunta morte. Quello che mandava veramente ai matti Henriette era che anche il fantasma di Ortensia si decomponeva, perché la quarta regola del Codice degli Spiriti dice chiaramente che “lo Spettro conserva le sembianze che aveva al momento della sepoltura”. Né Henriette poteva farci niente, dal momento che la regola 5 vieta ai fantasmi l’uso di qualunque utensile, vanghe comprese.
Profittando del suo aspetto sempre più orrendo, con un occhio pendulo e la pancia esplosa e ripiena di vermi, il fantasma di Ortensia si divertiva ad apparire alle finestre che danno sulla strada, spaventando i passanti. Cosa che, unita al fetore di putrefazione, contribuiva a diminuire drasticamente il valore commerciale dell’immobile.
Fortuna volle che Henriette scoprisse per caso, curiosando tra i documenti della vecchia, che risultava ancora residente ad Alpignano, trovandosi in Alsazia solo per una villeggiatura. Appellandosi alla regola 6 del Codice degli Spiriti , che impone ai fantasmi di infestare il luogo dove risultino residenti ovvero domiciliati da un periodo maggiore o uguale ad anni sette, Henriette riuscì ad ottenere che Ortensia si ritrasferisse nel suo appartamento, dove si divertì ancor di più a terrorizzare i vicini di pianerottolo.

Ed ecco come, dopo varie vicissitudini, Henriette si trovò sola per i successivi 42 Natali. Gli annunci immobiliari servivano a ben poco: nessuno voleva più saperne della “Casa della Morte”, come la chiamavano. Lei stessa si era convinta che, in fondo, fosse meglio così: ogni persona con cui era entrata in contatto, prima o dopo il suo decesso, era andata a finir male. Per non fare altri danni era meglio mantenere il distanziamento sociale, infestando quelle quattro mura fino al momento in cui non sarebbero crollate.

Recentemente, però, l’agente immobiliare visitò la casa in compagnia di un Giovane dal Cuore Spezzato, il quale cercava una nuova sistemazione a basso budget. Ampi spazi, totalmente personalizzabile, molto animata e comoda per i mezzi pubblici: così l’agente descriveva la casa al Giovane dal Cuore Spezzato.
«Cosa intende per animata?» domandò questi.
«Intendo – disse l’Agente, che essendo molto sincero era destinato a una ben breve carriera in quel ramo – che è infestata da spiriti malvagi».
Il Giovane dal Cuore Spezzato era uno che sapeva accontentarsi e cogliere le buone occasioni, e dopo averci pensato un attimo gli disse: «Se per questa cosa dell’infestazione mi togli ancora un mille euro l’affare è fatto».
E così fu fatto.

Inutile dire che il Giovane dal Cuore Spezzato, d’ora in avanti per brevità GDCS, destava in Henriette la massima curiosità. Guardandolo di nascosto, nel tentativo di farsi notare il meno possibile, si era accorta che lui assomigliava in tutto e per tutto al suo perduto Andreas.
In realtà, a dirla tutta, il GDCS era più basso, più tozzo, con una voce più stridula, non aveva un buon odore e portava anche in casa certi cappelli che dovevano servire a nascondere la calvizie, ma diamo atto a Henriette che dopo più di un secolo non poteva ricordarsi bene di Andreas, e cerchiamo di capirla se questi due ragazzi, nel suo pensiero e nel suo fantasmatico cuore, finirono per essere la stessa persona.
Voleva ad ogni costo parlargli, ma temeva di spaventarlo. Così un giorno, intercettando il wi-fi dei vicini (secondo la regola 6 del Codice degli Spiriti i fantasmi possono scroccare la connessione, ma non più di due ore al giorno), Henriette riuscì a mandargli un messaggio su LinkedIN.

Henriette Geist

Il profilo LinkedIN di Henriette. Disponibile per collaborazioni in smart working.

Il GDCS fu molto incuriosito, rispose, e in men che non si dica i due si trovarono a chattare. Henriette, che non si mostrava e che si fingeva una ragazza di una città vicina, ricorse anche a qualche trucco un po’ scorretto per farlo innamorare. Gli metteva delle lettere nella buca, oppure gli sussurrava delle frasi mentre dormiva in modo che lui la sognasse, gli faceva trovare i libri aperti su pagine particolarmente sentimentali, o ancora fingeva di indovinare i suoi gusti e le sue passioni, che invece aveva sbirciato di nascosto.

E mentre al GDCS cresceva di giorno in giorno la voglia di vedere questa ragazza misteriosa, in lei maturava l’idea che quella storia nascente avrebbe potuto in qualche modo liberarla.
«Vediamoci», ripeteva lui.
«Aspettiamo», ripeteva lei, che nei suoi 122 anni non aveva mai fatto altro.
«Ci vedremo a Natale – gli propose – e tu mi farai un bel regalo».
Henriette si era infatti convinta che ricevere quel regalo, il bel regalo del suo Andreas, avrebbe saldato i suoi conti in sospeso con il mondo dei vivi.

Quel dicembre fu, per entrambi, un conto alla rovescia. Appena sveglio il GDCS si fiondava ad aprire la casellina del calendario dell’avvento, e non di rado – mistero! – la trovava già aperta.
La sera della Vigilia, Henriette fu presa dall’angoscia di deluderlo: dopotutto, in quei mesi, gli aveva mentito. Così decise di dirgli tutto, e gli scrisse in chat.
«Devo confessarti una cosa»
«Anch’io» rispose subito lui, che evidentemente aveva avuto la stessa remora.
«Prima tu» rispose lei
«Prima tu» rispose lui
«Ok» rispose lei
«Spara» rispose lui, sedendosi
«Io sono…» rispose lei
«…cicciona?» rispose lui
«No, peggio. Sono morta» rispose lei.
Lui, a quel punto, tirò un sospiro di sollievo. Non gli piacevano le ragazze ciccione, ma quanto alle morte non aveva troppe preclusioni. Era uno che si accontentava e sapeva cogliere le occasioni, e pensò

“Ancora meglio: se è morta, non avrà grandi pretese”.

«Ah ok. Nessun problema» rispose lui
«E tu?» rispose lei
«Io…metto sempre il cappello, ma in realtà sono pelato», rispose lui.

Così, chiariti tutti i punti, Henriette si pettinò con cura – per la Regola 7 del Codice degli Spiriti gli spettri possono pettinarsi e farsi un lieve make-up ma in nessun caso cambiarsi d’abito – e comparve, accanto al camino.
Era ancora bella, nonostante l’età.
Lui le venne incontro: era un figurino, con tanto di bretelle, e reggeva in mano un pacco con un gran fiocco.
Il suo bel regalo.
Lei non disse nulla, fluttuò vicino a lui, sfiorò le sue labbra con le sue labbra fantasmatiche, e aprì il suo regalo.

«Un frullatore?» esclamò Henriette
«Non ti piace? Ha tre velocità», rispose lui, mostrandole la rotella.
«Che genere di uomo regala un frullatore al primo appuntamento?» gridò lei. E piangendo, scappò via.
Passò attraverso il controsoffitto, e attraverso le tegole del tetto, e in un attimo volava alta sull’Alta Alsazia.
I fiocchi di neve le confondevano la vista, mentre lei fluttuava disperata tra le vie dello shopping, sui cimiteri e sui comignoli accesi, cercando con lo sguardo il suo vero Andreas.
«Oh Andreas. Mai, mai mi avresti portato in dono un frullatore di merda, e non solo perché è stato inventato solo 4 anni dopo il tuo ritorno, ma anche perché tu non eri quel genere di uomo. Ma poi: che genere di uomo regala un frullatore al primo appuntamento?»

Nel chiedersi questo, tutto a un tratto, Henriette si accorse che era finalmente libera, e tra l’altro tagliando per i cieli era finita senza saperlo sullo spazio aereo svizzero.
Non era più un fantasma prigioniero, ma un’anima lieve, capace di salire, e salire ancora. E in quell’istante – come aveva fatto a non pensarci prima – si ricordò la Regola 1 del Codice degli Spiriti. Regola in effetti molto poetica, anche se purtroppo plagiata poi, con una piccola variante, dai nazisti:

L’amore rende liberi.

Ecco dunque cos’era questo amore. Henriette volò più veloce che poteva verso la vecchia casa, dove trovò il povero Giovane Dal Cuore Spezzato intento a preparare un frullato annacquato di lacrime.
«Che genere di uomo regala un frullatore al primo appuntamento?» gli domandò lei, questa volta con dolcezza.
«Un uomo che vuole donarti la sua vita», rispose lui.

Ed aveva ragione. Perché se è vero che un gioiello, o al limite un I-Phone, possono renderti felice qualche istante, per progettare una vita fianco a fianco è molto più utile puntare su elettrodomestici di qualità.
Eccolo il bel regalo di Andreas: un’esistenza da trascorrere insieme.

Così, pur potendo andarsene, Henriette decise di restare in quella casa per sempre, scoprendo che hanno proprio ragione quelle facce da culo dei francesi. Stare rinchiusi, quando si è insieme, è più simile a uno stare accouché accucciati.
Henriette amò il GDCS così come si ama qualcuno che ti regala un frullatore a Natale: con parsimonia, costanza e affidabilità, costruendo il domani giorno per giorno.
E vissero, lui vivo lei morta, felici e contenti.
Per quanto, non avendo lei un vero e proprio corpo, il sesso tra loro rimase sempre molto ma molto mediocre.

 

FINE

Questa sfiaba è stata pubblicata un pezzo alla volta durante l’Avvento 2020

 

Clicca qui e guarda l'adattamento della fiaba per Instagram Stories di Ica Trione
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